Nel tempo il ruolo dell’agricoltura nella società si è rinnovato, passando dalla sola produzione di beni alimentari a leva strategica per garantire un maggior benessere. Pensiamo alla sua influenza per la protezione e la tutela dell’ambiente e della biodiversità, alla difesa dei caratteri identitari di una comunità e ancora al supporto nello sviluppo di uno spazio relazionale che faciliti l’accoglienza e l’inclusione delle fasce più deboli. Tutti elementi che possono contribuire a migliorare la qualità della vita in un territorio.

Il contributo dell’agricoltura al benessere ha delineato nel tempo il framework concettuale dell’Agricoltura Sociale, le cui attività possono sintetizzarsi nel riuscire a coniugare sinergicamente la gestione dei processi produttivi agricoli con la creazione di servizi e di benessere per le persone coinvolte e nel contribuire parallelamente allo sviluppo di  percorsi di sviluppo territoriale, consolidando la rete di servizi disponibili per le popolazioni locali, accrescendo la reputazione e la capacità delle imprese agricole di operare in nuove reti di soggetti, migliorando la visibilità della loro offerta e diversificando le opportunità di reddito.

Non è semplice dare una definizione di “agricoltura sociale”, dal momento che il termine copre un ampio spettro di pratiche diverse, attualmente in questo ambito si possono distinguere quattro settori principali di attività:

a) le attività rieducative e terapeutiche,

b) l’inserimento nel mondo del lavoro e l’inclusione sociale,

c) le attività pedagogiche,

d) i servizi di assistenza alla persona.

Tutte queste attività rientrano a pieno titolo nell’ampio spettro della multifunzionalità dell’agricoltura e, come tali, con la Legge Quadro n. 141/2015 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”, che definisce alcuni elementi importanti per la realizzazione di tali attività, viene accettato che possano essere svolte dalle imprese agricole come attività connesse ai sensi dell’articolo 2135 del Codice Civile.

É facile intuire che questa possibilità apre ad importanti opportunità per il mondo agricolo, soprattutto, se consideriamo le crescenti difficoltà del sistema pubblico di far fronte alle istanze della domanda sociale sia per la riduzione delle risorse economiche a disposizione, sia per la scarsa capacità di saper dare risposte adeguate ai nuovi bisogni. 

Si avverte sempre più forte, anche alla luce degli effetti della pandemia, la necessità di ripensare il sistema di welfare facendo leva su principi, modalità e risorse non usuali per generare innovazione durevole nel campo dei servizi alla persona, anche grazie ad una diversa collaborazione e responsabilità delle comunità locali. Una risposta può essere la transizione verso un welfare civile, modello che si fonda proprio sulla sinergia tra la sfera degli enti pubblici (stato, regioni, comuni, enti parastatali, ecc.), la sfera delle imprese e la sfera della società civile organizzata (associazionismo di vario genere, cooperative sociali, organizzazioni non governative, fondazioni).

In un’ottica di futuro, i modelli di Agricoltura sociale possono consentire alle imprese agricole di proiettarsi ed essere protagonisti nello sviluppo di attività legate al welfare civile, nuovo modello per superare le inefficienze del welfare state e soddisfare le istanze sociali. L’agricoltura sociale può rappresentare l’azione che riesca a coniugare l’interesse a diversificare delle aziende agricole con le esigenze delle comunità locali, specie quelle delle aree rurali, di poter accedere a servizi che migliorano la qualità della vita. In questa prospettiva le esperienze di agricoltura sociale consentono ai sistemi locali di innalzare le loro risorse inclusive e le loro capacità di assicurare risposte utili ai bisogni dei particular stakeholder.

L’agricoltura sociale è quel particolare ambito delle attività svolte dalle imprese agricole finalizzate a migliorare il benessere della società. La Legge Quadro n. 141/2015 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” individua un ampio ventaglio di pratiche e attività “sociali” che possono spaziare dal settore della salute (cura e riabilitazione) al reinserimento lavorativo di fasce deboli, dall’accoglienza di persone con esigenze specifiche a opportunità per il tempo libero, o in quello dell’educazione ambientale ed alimentare. 

Per le imprese agricole la scelta di un qualsiasi percorso di questo tipo richiede l’assunzione di una nuova consapevolezza delle proprie responsabilità per il bene pubblico. 

Ciò non significa che le imprese debbano essere spinte solo da fini mutualistici, anzi, questi percorsi possono generare benefici in termini di valore relazionale e di reputazione leve su cui puntare per una maggiore competitività anche sui mercati tradizionali. Queste diversificazioni, infatti, offrono l’opportunità di una integrazione del reddito aziendale e, parallelamente, migliorano la percezione del sistema di valori dell’impresa stessa nei consumatori, consentendo di intercettare nuovi segmenti di mercato.

In concreto avviare queste attività richiede un’attenta valutazione rispetto a investimenti materiali e immateriali necessari, competenze e professionalità appropriate e, non meno importante, una comunicazione strategica sui valori acquisiti. Ma se vogliamo assicurare un reale valore aggiunto al benessere della comunità è importante ripensare il proprio modello di impresa, non solo in termini di modifiche o integrazioni del processo produttivo in essere ma anche nella propria visione strategica. 

In altri termini, le imprese facendosi interpreti delle funzioni sociali dell’agricoltura, intese come contributo alla salute, opportunità lavorative, superamento della povertà, tutela dei caratteri identitari del territorio, vitalità e sostegno delle aree interne, protezione dell’ambiente e lotta ai cambiamenti climatici, possono divenire front runner in processi innovativi per uno sviluppo territoriale sostenibile. 

Le imprese agricole devono essere espressione di una New Food Culture, un nuovo paradigma per il quale si produce “cibo” tenendo conto simultaneamente di tutte le istanze della società e in particolare di un sistema locale. In tale ottica, si rende necessario assumere un approccio non segmentato alle proprie attività, coniugando obiettivi economici con la tutela del territorio, della salute, dei particular stakeholder e dell’ambiente. 

Le imprese che assumono questa New Food Culture potranno avviare una diversificazione in campo sociale, puntando su un’azione di advocacy sulle interdipendenze tra Cibo e Società attraverso un approccio sistemico, attento a promuovere gli effetti su: povertà alimentare, salute, identità territoriale, ambiente, particular stakeholder, occupazione. Lavorare sulla consapevolezza delle relazioni tra Cibo e Società può determinare un processo di innovazione sociale, stimolando un cambiamento negli stili di vita e di consumo, ossia, l’auspicato cambiamento da una logica di “consumare di più, pagare di meno” del Consumatore-Cliente, a quella di “consumare meglio, essere felici” del Consumatore-Cittadino. Ciò potrà avere effetti positivi anche nei mercati tradizionali, consentendo di spostare la sfida competitiva dei prodotti agroalimentari da elementi di tipo “price” al valore “qualità” ampiamente inteso.

L’avvio di un percorso di diversificazione in ambito sociale, improntato alla New Food Culture, richiede una valutazione preliminare del cambio di paradigma dell’impresa. Per la transizione verso questo nuovo paradigma è necessario che alcuni principi fondamentali siano riconosciuti e rispettati.

In primis, l’azienda non è più un attore “autonomo” ma un “attore sociale”, il che significa che:

– il suo operato e le sue scelte (ancor prima operative che produttive) sono legate a un sistema di valori che è influenzato da una visione non solo imprenditoriale ed economica ma anche sociale, territoriale, ambientale e generazionale.

– le scelte aziendali sono “sensibili” alle decisioni degli altri stakeholder territoriali.

Il secondo principio fondamentale è il passaggio da una visione verticale del networking azienda-stakeholder territoriali ad una visione orizzontale del complesso di interrelazioni del sistema impresa con tali stakeholder. La cooperazione e il dialogo non solo con le altre aziende del sistema ma anche con i diversi attori territoriali possono contribuire alla definizione delle priorità nel processo di creazione, innovazione e utilizzo delle risorse per il raggiungimento di obiettivi comuni come miglioramento del benessere individuale e collettivo e la sua sostenibilità.

Tutto questo fa da sfondo all’attuazione di azioni concrete che dimostrino l’impegno dell’imprese ad adottare una New Food Culture, riuscendo a coniugare obiettivi economici con la tutela del territorio, della salute, dei particular stakeholder e dell’ambiente. 

A tale proposito, per accompagnare le imprese in una autovalutazione del loro orientamento ad una New food Culture, si riportano per ciascuna delle diverse istanze della società indicate alcune riflessioni e le azioni che potrebbero/dovrebbero essere attuate.

Per la tutela del territorio, in un mercato sempre più globalizzato, infatti, il legame dei prodotti alimentari con il loro territorio di origine e le caratteristiche differenziali che possono assumere, sono variabili strategiche per conquistare/mantenere quote di mercato. L’identità territoriale è ormai riconosciuta come un fattore di successo dell’offerta agroalimentare italiana.

I vantaggi competitivi derivanti dal forte legame del prodotto con il territorio, la sua reputazione e tutte le sue componenti immateriali di tradizione produttiva se opportunamente valorizzati e comunicati ai consumatori possono rappresentare delle importanti barriere all’entrata. 

Rispetto a questo aspetto è importante che l’impresa riconosca l’identità territoriale come vantaggio competitivo attraverso:

  • la presenza di produzioni legati al territorio nell’offerta aziendale
  • il richiamo dei valori territoriali nel piano di comunicazione 
  • l’adesione ad azioni di promozione collettiva dell’offerta territoriale
  • la promozione e/o partecipazione ad iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale locale (tradizioni, saper fare, enogastronomia, artigianato) 
  • la coesistenza di innovazione e preservazione della tradizione, intesa come il giusto equilibrio tra nuovi processi e tutela della memoria produttiva. 

In merito all’ambiente, l’impegno delle imprese è teso alla conservazione, nel tempo e nello spazio, della capacità dell’ambiente di riuscire a svolgere le funzioni fondamentali di sostegno alla vita: erogatore di risorse, metabolizzatore d’inquinanti, funzione diretta di utilità. Le azioni per dimostrare questo impegno possono essere:

  • adottare metodi di produzione sostenibili come azione di responsabilità sociale (agricoltura biologica, agricoltura integrata e quella conservativa);
  • assicurare il mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche ed ambientali;
  • evitare prodotti sintetici che, tra le altre cose, possono danneggiare gli organismi del suolo, la struttura del suolo e la biodiversità;
  • mantenere l’uso di pesticidi e altre forme di assistenza ai livelli minimi necessari;
  • limitare l’uso di additivi e conservanti nei prodotti trasformati;
  • non consentire ai prodotti chimici di anticipare la maturazione, il trattamento e la conservazione post-raccolta, non utilizzare radiazioni ionizzanti ai fini della conservazione;
  • investire in energie rinnovabili per migliorare i processi, ecc.
  • attuare una politica di non spreco e riciclaggio dei rifiuti.

Sul fronte Salute, negli ultimi 50 anni, si è assistito ad una vera e propria riconsiderazione della relazione tra alimentazione e salute. Arrivando ad indicare l’alimentazione come uno dei principali strumenti di prevenzione per una vita lunga e sana. Per una relazione positiva tra alimentazione e salute giocano un ruolo da protagonista sia la consapevolezza dei consumatori, sia la responsabilità delle imprese rispetto ai livelli di “qualità” dei prodotti offerti.

Le imprese possono contribuire a migliorare la sinergia tra alimentazione e salute, puntando a:

  • Sostenere i processi d’innovazione per orientare la produzione alimentare verso prodotti ad alto potenziale nutrizionale.
  • Valorizzare il modello di agricoltura di Prossimità capace di andare incontro alle rinnovate esigenze del consumatore sempre più sensibile ai temi della sicurezza alimentare e ai vantaggi di tracciabilità e qualità legata al territorio.
  • Attivare sistemi di etichettatura per consentire ai consumatori di scegliere un’alimentazione sana e sostenibile. 
  • Sostenere la ricerca a supporto di tecnologie alimentari che possano valorizzare le caratteristiche intrinseche e salutari degli alimenti. 
  • Realizzare campagne di informazione e di educazione per rafforzare la consapevolezza dei consumatori (trasparenza dell’informazione di prodotti, sviluppo dei servizi di informazione per i consumatori).

L’attenzione ai particular stakeholder (le persone che non sempre riescono ad avere voce nei processi decisionali) è sempre più necessaria considerata la crescente instabilità, l’aumento delle disuguaglianze e l’incremento delle fragilità personali e delle famiglie. Tutto questo richiede un contributo al rafforzamento della “coesione sociale” e della resilienza del sistema territoriale di riferimento attraverso azioni finalizzate alla:

  • valorizzazione e promozione del senso di appartenenza alla comunità locale, inteso come radicamento in un determinato spazio di vita fisico e sociale dotato di valore e senso (promotore di attività sociali sul territorio (sponsorizzazione attività filantropiche)) 
  • capacità di agire in modo solidale
  • valorizzazione delle risorse umane, salvaguardia della salute e sicurezza sul lavoro 
  • creazione di opportunità di inserimento lavorativo mirate alle persone “svantaggiate” 
  • Attivazione di particolari forme contrattuali o collaborazioni con la scuola per favorire l’inserimento di giovani nell’organico aziendale (apprendistato, stage, partecipazione ai programmi di alternanza scuola-lavoro) 
  • Investimenti in formazione della forza lavoro 
  • Apertura all’innovazione, intesa come leva per favorire l’ingresso di forza lavoro giovane.

Il processo di autovalutazione dell’orientamento a una New Food Culture per l’impresa rappresenta il punto di partenza della progettazione di un percorso di diversificazione. La sua valutazione consentirà di individuare il patrimonio conoscitivo dell’impresa su cui modellare i contenuti e definire le modalità del servizio. 

Uno dei principi guida nella definizione di un’attività di agricoltura sociale capace di rispondere in modo efficace alle nuove istanze di beni e servizi sociali espresse dai cittadini è la cooperazione e il dialogo non solo con le altre aziende del sistema ma anche con i diversi attori territoriali. È provato che agire insieme è fondamentale, ciascuno, pur mantenendo le proprie specificità, può contribuire a vario titolo all’ideazione, concretizzazione e sviluppo di soluzioni condivise che separatamente non potrebbero essere realizzate. Di conseguenza, le imprese sono chiamate a lavorare sulla costruzione e il rafforzamento delle reti di relazione che coinvolgono istituzioni, imprese del territorio, terzo settore, mondo della scuola, famiglie.

La collaborazione tra i diversi soggetti può dare vita a una co-produzione di servizi, ovvero, un processo in cui le risorse, anche di diversa natura, rese disponibili da tutti gli attori coinvolti, consentono di creare una sinergia che genera nuovi beni o servizi. Ciascuno stakeholder può offrire le proprie risorse a vario titolo e con la possibilità di ricevere benefici diversi, ad esempio:

  • le istituzioni, riconoscendo il valore delle iniziative in termini di benessere per la società, possono scegliere di mettere a disposizione le risorse economiche necessarie per una copertura totale o parziale dell’attività. Inoltre, queste iniziative possono favorire una maggiore efficienza nell’allocazione di risorse sempre scarse;
  • le imprese agricole possono offrire le risorse fisiche e il patrimonio conoscitivo per finalità sociali e avere un beneficio in termini sia strettamente economici con il riconoscimento di una compensazione anche parziale per i costi sostenuti, sia di crescita reputazionale nella comunità di appartenenza;
  • il terzo settore (enti senza scopo di lucro che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) può catalizzare quest’apertura delle imprese verso le proprie finalità. Mettendo a disposizione le proprie capacità ed esperienze possono candidarsi a gestire le competenze e risorse messe a disposizione dalle imprese. Ciò consente di sollevare le imprese dall’onere di dover imparare a muoversi in un ambito diverso da quello agricolo e favorisce la collaborazione tra i diversi soggetti;
  • il mondo della scuola partecipando a queste iniziative può accrescere il suo radicamento sul territorio e contribuire a una crescita culturale diffusa. Non va dimenticato che le scuole sono un punto di riferimento per gli studenti, le loro famiglie e più in generale di tutta la comunità territoriale, pertanto il loro coinvolgimento può consentire di raggiungere più facilmente la società e certificare la validità delle attività proposte.

Queste co-produzioni devono in qualche modo trovare una “formalizzazione”, per cui a livello operativo sono auspicabili protocolli di intesa, accordi, convenzioni e devono essere supportate dalle istituzioni attraverso nuovi indirizzi nelle politiche sociali, sanitarie e anche agricole.

Le attività di agricoltura sociale, che nascono con questo approccio multistakeholder, possono connotarsi come un’innovazione sociale, in quanto, offrono percorsi innovativi di costruzione di servizi nuovi capaci di incontrare bisogni sociale attraverso l’interazione attiva e continuativa tra persone, stakeholder, strumenti e risorse territoriali. Questa prerogativa dell’agricoltura sociale giustifica il valore che può assumere nella definizione delle strategie per migliorare il benessere individuale e collettivo e la sua sostenibilità.

L’agricoltura sociale è in grado di coniugare l’interesse alla diversificazione delle aziende agricole con l’esigenza delle comunità locali, soprattutto di quelle rurali, di avere accesso a servizi che migliorano la qualità della vita. Intraprendere questo percorso oltre la sensibilità degli agricoltori, un modello aziendale coerente e la necessità di poter contare su una rete di relazioni consolidata con tutti gli stakeholder territoriali, richiede l’individuazione delle risorse economiche per supportare lo sviluppo di queste attività.

Come tutte le attività economiche la strada più immediata è l’autofinanziamento ma accanto ad essa considerati anche gli effetti positivi che i servizi di agricoltura sociale possono generare nella società è auspicabile il supporto da parte delle istituzioni. Le risorse potrebbero essere recuperate sia in ambito agricolo, sia in quello sociale.

Per quanto riguarda l’ambito agricolo, è possibile affermare che l’agricoltura sociale ha acquisito una crescente importanza nelle politiche di sviluppo rurale. Nella programmazione 2014-2020 non sono mancati espliciti riferimenti e sostegni per sviluppare queste pratiche, infatti, dall’analisi dei PSR delle regioni italiane emerge l’opportunità per una serie di attività che vanno dal semplice trasferimento di conoscenze riguardanti l’alimentazione e l’ambiente alla fornitura di servizi socio-sanitari. La maggior parte dei programmi regionali ha incluso riferimenti all’agricoltura sociale in due aree principali: lo sviluppo di servizi non agricoli nelle aree rurali e la creazione di cooperazione tra le parti e altri soggetti interessati nelle aree locali. Entrambi, però, hanno come comune denominatore il miglioramento della qualità della vita nel territorio.

Se è vero che nella programmazione 2014-2020 il riferimento all’agricoltura sociale è stato esplicito, bisogna auspicare che nella nuova programmazione venga riconfermato e ampliato. Il vero cambio di passo, però, dovrebbe essere un nuovo approccio della governance all’agricoltura sociale che vada oltre l’opportunità per diversificare l’attività agricola e punti a considerarla un modello di innovazione sociale. In altre parole, l’agricoltura sociale può rappresentare una soluzione innovativa alla coesione territoriale, parlando sia della necessità di soddisfare i nuovi bisogni sociali di protezione e di servizi alle persone nelle aree rurali e periurbane, sia sulla possibilità di facilitare lo sviluppo delle reti rurali.

Queste attività possono ricevere un sostegno finanziario anche dalla società attraverso diverse modalità. Negli ultimi anni le forme più diffuse ed efficaci di finanziamento di progetti imprenditoriali, solitamente con finalità che trovano un riscontro nella società, è il crowdfunding.

Questa modalità fornisce finanziamenti più economici e veloci in quanto gli imprenditori possono rivolgersi direttamente a investitori, fornitori e clienti per ottenere denaro a tassi di interesse molto inferiori a quelli delle banche. In altre parole, il crowdfunding è un microfinanziamento dal basso, in cui investitori individuali hanno l’opportunità di sostenere le iniziative in cui credono, coerenti con le proprie opinioni, sogni e aspirazioni. La raccolta di questi fondi solitamente avviane mediante delle piattaforme elettroniche e può assumere diverse forme: donazioni, sponsorizzazioni, pre-vendita o pre-ordine, prestito o capitale di rischio.

Un’altra possibilità di sostegno è l’ingresso nel Terzo settore. Con la riforma del 2017, l’agricoltura sociale rientra tra le attività di interesse generale che possono essere esercitate in via esclusiva o principale per il perseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Rientrare tra i soggetti del Terzo settore permette di utilizzare gli strumenti di finanziamento previsti come attività di raccolta fondi in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione, cessione, erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie o di terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei princìpi di verità, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori ed il pubblico. Tra questi strumenti rientra anche l’opportunità di essere inclusi negli elenchi dei beneficiari del 5xmille. Ciò potrebbe generare un sostegno stabile alle attività, soprattutto se si riesce a coinvolgere e responsabilizzare la comunità a cui le attività sono rivolte.

Questi sostegni alle attività di Agricoltura Sociale possono favorire il loro sviluppo ma non bisogna cadere nell’errore di considerarli l’unica prospettiva economica. L’Agricoltura sociale offre servizi alla comunità e in quanto tali è importante che vengano considerati e gestiti come un’attività produttiva capace di soddisfare le richieste del mercato.